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Ma c'è la libertà di stampa in Italia? - ll corsivo di Bruno
Basta con l'avanspettacolo...
di Severo Bruno
Viterbo - 25 maggio 2009 - ore 1,30

Severo Bruno
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- Condivido le considerazioni di Arnaldo Sassi sulla libertà di stampa e sugli interessi diversi degli editori non “puri”, ma in proposito ho qualche perplessità vista la penuria di editori puri.

Ce ne sono alcuni che esercitano l'attività editoriale professionalmente ed esclusivamente, ma questo non basta, visto che ben difficilmente rimarranno tali a lungo e non si trasformeranno in breve tempo in grandi elettori.

Ce ne sono altri che si interessano di costruzioni, di banche ecc. e solo in un secondo tempo diventano editori, e la scelta quasi mai è fatta in nome della libertà di tutti, ma di solito al fine di esercitare un potere più generale.

Comunque, che ci siano editori "puri" sembra sia certo, indicare quali siano però è impresa sempre più difficoltosa.

Due quotidiani, Il Corriere della sera e La Repubblica, sono editi da aziende esclusivamente editoriali.

Ma può questo solo elemento garantire la purezza del prodotto?

Sicuri che i soci di riferimento non abbiano altri interessi in settori finanziari, bancari, dell'energia e simili?

Possono sorgere tanti dubbi, ma questa è una ricerca che è meglio non si concluda mai, perché il lettore è l'unico arbitro e giudice dell'indipendenza del suo giornale.

Una ricerca importante ed essenziale per la vita democratica del paese, ma che porta a un solo dato che rimane certo, alla qualità delle persone che scrivono, dirigono, pubblicano senza aspettare permessi o approvazioni dai potenti di turno.

Gli esempi possono essere diversi, da Montanelli che ricominciò da capo per restare libero, dopo essere stato brutalmente allontanato dalla direzione del suo giornale, alla Fiat di Agnelli che pur non essendo un editore puro, rispettò scrupolosamente la libertà e l'indipendenza del direttore e dei giornalisti della Stampa.

Divenne famoso l'imbarazzo dell'avvocato Agnelli, che non riusciva a spiegare al presidente Gheddafi i concetti di libertà di stampa e di indipendenza dei giornali dagli editori.

L'anomalia italiana della concentrazione in un'unica persona di quasi tutti i media rende però il problema attuale quanto mai grave, visto che la libertà di stampa è minacciata e compromessa dal suo interno, da un editore molto potente.

E il pericolo consiste non tanto nell'omogeneizzazione delle notizie, quanto nel famoso velo che le altera e le manipola, per cui una notizia non è più tale, perché il circolo mediatico che risponde a un solo padrone, le ignora o le colora o le smentisce senza averle pubblicate.

Dall'estero arrivano sempre più frequentemente commenti meravigliati sulla acquiescenza dei giornali italiani alle versioni fornite da Berlusconi su fatti controversi, malgrado la loro insostenibilità.

Ma meraviglia di più la loro sorpresa, viste le condizioni in cui tutto questo avviene, perché non può avere alcuna presa sulla opinione pubblica una notizia che non c'è, o una sentenza non riportata nella sua interezza o un dato alterato.

Si tratta sempre, come si vede, di persone e di costume sociale, ma se la politica è ridotta, ora sì, a un teatrino, la stampa non può che essere avanspettacolo che si nutre di gossip, di cerone, di trucchi e manipolazioni.

Quando avviene che il fiuto di un cronista e il coraggio di un direttore scoprono una notizia scomoda e la pubblicano, il minimo che si possa fare è solidarizzare, premiarli e assisterli.

E allora, forza, ripetiamo all'infinito le domande scomode che La Repubblica ha rivolto a Berlusconi e insistiamo per avere risposte, e risposte non banali, perché lo facciamo per tutti i lettori, per tutti i cittadini, anche per quelli non informati.

Un mancato chiarimento costò il posto al ministro inglese Profumo, colpevole di non aver riferito su una sua amicizia imprudente.

Severo Bruno

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