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Severo Bruno
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- I recenti eventi mediatici legati al caso Englaro e allo scontro politico-istituzionale derivatone, con confronto laico-cattolici conclusivo, hanno lasciato una scia di rovine nelle regole non scritte della convivenza civile, quasi fossero giunti in mezzo a noi ajatollah e, contemporaneamente, isterismi fideistici, intolleranza e fanatismo dogmatico.
La società civile e il mondo politico parlamentare e dei partiti si è diviso in modo trasversale, suddiviso in correnti di opinione, attraverso fratture di consolidate amicizie e di alleanze politiche, quasi allontanamenti bruschi seguiti a im provvisi riconoscimenti di estraneità.
La prima considerazione che viene in mente è se simili esasperate reazioni siano state proporzionali all'importanza dei valori in gioco oppure se questi siano stati invocati a sproposito proprio per provocare lo scontro.
Da tempo non si assisteva ad accuse di cardinali al presidente della Repubblica italiana e a successive telefonate di chiarimenti da parte della Segreteria di Stato.
E il tutto per le considerazioni sulla costituzionalità dubbia di un decreto legge ad personam, dove l'eccezionalità e l'urgenza erano erroneamente riferite da parte del presidente del consiglio non alla natura del decreto, ma all'imminente morte di Eluana.
Sull'argomento abbiamo tutti le nostre opinioni, ma tutti abbiamo il dovere di trarre una lezione da quanto è accaduto, che possa essere utile nel futuro per noi e per i nostri figli.
In questo caso, però, c'è una lezione da trarre oltre la considerazione naturale che in ogni caso il fanatismo ha sempre torto?
Nel caso Englaro si è visto di tutto.
C'è stato chi ha dato del “boia” e dell'assassino al padre di Eluana e non ha avvertito alcun rimorso, forse neppure disagio, a infierire così volgarmente su una persona piegata da una vita di dolore, e ha creduto bene di farlo a nome del Dio di misericordia e del perdono.
C'è chi in Parlamento ha gridato “assassini” a coloro che dichiaravano opinioni diverse dalle proprie o ha accusato di ingerenza insopportabile il presidente della Repubblica, reo di aver espresso, su richiesta del governo, un parere preventivo di costituzionalità.
Nella prassi del bon ton istituzionale è cosa mai accaduta prima, è una perla dei tempi nuovi, una sorta di effetto di un deprecabile mutamento del costume parlamentare.
C'è infine un ministro che ha parlato di sentenze che uccidono, meritando per questo una ufficiale rampogna dall'Associazione nazionale magistrati, o altri che hanno gridato “peseranno le firme messe o non messe” per criticare l'opinione del presidente della Repubblica.
Come si vede, ogni equilibrio è stato travolto, i fanatici hanno vinto sul campo delle contumelie e hanno vinto anche la battaglia dei media, e pazienza se i fatti sono anda ti diversamente da come sono stati narrati.
L'unica speranza che mi sento di coltivare e di suggerire è che il fondo sia stato ormai raggiunto e che da oggi in poi sia possibile soltanto un miglioramento.
Severo Bruno
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