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Arrivano i rom - Il corsivo di Bruno
Non possiamo respingere i poveri e dirci cristiani
di Severo Bruno
Viterbo - 19 gennaio 2009 - ore 1,30

Severo Bruno
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- In questi giorni notizie urlate nelle locandine davanti alle edicole, annunciavano una imminente invasione di rom nella Tuscia.

Caratteri cubitali, articoli sensazionali e nessun argomento diverso dalla paura, espresso in molte salse, ma sempre riferita e suscitata da quella notizia. C'è chi ha addirittura denunciato il pericolo di contaminazione.

A parte le esagerazioni e le strumentalizzazioni politiche, l'argomento comunque è molto delicato e nessuno può pontificare con ricette garantite.

Il problema è nato tutto dalla volontà espressa da autorità romane di allontanare dalla capitale alcune migliaia di rom per diminuirne il numero ritenuto eccessivo.

Sembrava un programma ragionevole, viste le dimensioni raggiunte dalle baraccopoli romane, vere e proprie favelas, e le spaventose condizioni in cui vivono gli occupanti.

Piccoli gruppi in nuovi spazi ed in altre città, sembrava una ricetta sensata e rispettosa della dignità di quelle persone, ed un programma in linea di massima condivisibile. Nemmeno per idea, una levata di scudi generale lo ha fatto fallire subito.

Quando si affronta l'argomento, quasi tutti i commenti sono ostili alla accoglienza e favorevoli invece all'allontanamento di quegli stranieri sgraditi. Quasi sempre i commenti si riferiscono ad episodi malavitosi che hanno fatto clamore, per cui si confonde un intero popolo con pochi individui, in barba ad ogni diritto dell'individuo e alle garanzie costituzionali riconosciutegli.

Certamente l'argomento implica diverse problematiche importanti, quali i luoghi dell'accoglienza, l'organizzazione dei campi e l'assistenza, il reperimento delle risorse necessarie per le opere da realizzare, oltre alla predisposizione delle misure per l'ordine pubblico da garantire.

Ma comunque non si può negare ospitalità a chi ha bisogno di tutto e non possiede di suo nemmeno un Paese dove tornare. Non ci si può nutrire del proprio egoismo senza sacrificare,ccosì facendo, parte delle regole di convivenza che presiedono al nostro stesso modo di vivere e che sono ormai nel nostro Dna.

Non si può chiudere gli occhi e respingere i bisognosi e continuare a professarci cristiani.

I nostri antichi padri definivano barbari i popoli inospitali e consideravano sacri gli ospiti.

Certamente allora erano pochi i migranti e ora invece sono migliaia e migliaia, ma coloro che alimentano ostilità e paura, dovrebbero ricordare la nostra storia e quella dei nostri progenitori, non esclusi gli Etruschi, provenienti da oriente in un viaggio senza ritorno.

A volte è più straniero il nostro vicino di casa dell'ospite inatteso che arriva da un'altra terra.

Intendiamoci, nutro anche io dubbi e timori, ma proprio per questo vorrei dai nostri governanti una linea di condotta non altalenante, chiara nei principi e al tempo stesso caritatevole nell'applicazione, che possa dar conforto a chi già si trovi in Italia e scoraggiare ulteriori arrivi.

Dicevo di avere anche io dubbi e timori, tuttavia non sufficienti a levarmi dalla mente quella giovane mamma morta bruciata insieme al suo bambino, per aver voluto riscaldare la loro baracca bruciando alcol. A Roma hanno trovato non il bue né l'asinello, ma una fiamma infernale esplosa nell'indifferenza generale.

Severo Bruno

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