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Severo Bruno
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- In questi giorni non c'è foglio stampato o tubo catodico che non parli di questione morale e così, invece di chiarezza e approfondimento, si nota una sempre maggiore confusione.
Francamente il tema mi imbarazza, e non per difficoltà di comprensione o vastità dei valori in gioco, ma semplicemente perché non si capisce bene di che cosa si voglia parlare e a quale fine.
Mi spiego. Non mi risulta che nello statuto di un qualsiasi partito, o in qualche altro documento preso come fonte della sua legittimità politica, vi siano espressioni che in qualsiasi modo legittimino un uso disinvolto del potere nell'amministrazione della cosa pubblica.
Per i partiti quindi non esiste una questione morale.
Rimangono gli uomini, quei politici che come è noto non invecchiano mai, non sbagliano mai, e quando si rivelano clamorosamente inadeguati “vanno avanti”, non si sa dove e perché.
Quindi non esiste una questione morale, esistono tante storie misere di uomini abbarbicati al potere e che con il potere risolvono tanti problemi loro e dei loro amici.
E forse è proprio il modo in cui i partiti usano affrontare le infedeltà dei propri iscritti che fa nascere la cosiddetta questione morale.
Quando in tanti, autorevoli ed esperti, si affrettano ad accusare di complotto i giudici che indagano sui loro amici, bene, è questo atteggiamento che fa nascere una questione morale gravissima ed estesa, perché da esso traspare quanto poco siano considerate la legalità e la correttezza dei comportamenti e quanto forti invece siano diventati in certi politici il senso e l'aspettativa della impunità, quasi proporzionali alla importanza delle cariche ricoperte.
Ma a questo si riduce, quindi, la questione morale?
Ho il sospetto che mi sia sfuggito qualche cosa, perché altrimenti non si spiega il fatto che tanti autorevoli commentatori si attardino su mille complicati argomenti invece di giungere a una conclusione così a portata di mano.
Ad esempio, la competizione politica.
Si dice, se quel governatore si dimette per ragioni giudiziarie farà vincere il nostro avversario; e questo significa quindi che è meglio un corrotto nostro amico al potere, piuttosto che un onesto avversario?
Oppure, se tanti nostri amici di partito sono invischiati in accuse di corruzione, è meglio gridare al complotto e difenderli piuttosto che sospenderli e allontanarli.
E allora, di conseguenza, è necessario cambiare le leggi, ridurre le pene e facilitare le prescrizioni, aprendo falle orribili nell'ordinamento legislativo del Paese, contro ogni decenza.
Ma se così è, la questione morale consiste nella volontà scandalosa dei procuratori di voler perseguire anche i politici responsabili di reati che approfittano del loro potere per fini non istituzionali.
Ma un'altra considerazione è necessario fare.
Se è vero, infatti, che il potere logora coloro che ne sono lontani, è altrettanto vero che il potere, il più delle volte corrompe chi lo esercita troppo a lungo.
E' altrettanto evidente però che lo si può esercitare a lungo solo perché gli elettori lo consentono, cioè apprezzano tutto, anche condotte illegali, malversazioni, corruzioni ecc., indifferenti a tutto, sordi a ogni sollecitazione diversa dal tornaconto personale, con il risultato che in alcuni ambienti si è andata creando una micidiale miscela di illegalità e abusi, condivisione e omertà, difficile da sconfiggere e anche difficile da riconoscere.
Comunque, finalmente ora possiamo stare allegri: la questione morale presto sarà risolta.
Il governo infatti, che promette e mantiene, ha deciso di vietare le intercettazioni o di limitarle in maniera significativa.
Questa è davvero la soluzione sperata. Di corruzione non sentiremo più parlare e così anche di questione morale.
Mi viene in mente Benigni, con il problema più urgente di Palermo, il “traffico”.
Severo Bruno
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